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domenica, 19 novembre 2006

 

 

[..] Invece nel regno di Epimeteo, dove governa solo la coscienza, e non l'anima, l'inestimabile gioello va perduto. L'angelo, furente per la sua ottusità, apostrofa Epimeteo dicendo: "E non avevi un'anima, sicché rozzo e irrazionale come le bestie ti nascondi di fronte alla splendida divinità? [Spitteler rappresenta la coscienza di Epimeteo come un animaletto. Essa corrisponde anche all'istinto opportunistico degli animali.] E' chiaro che il gioello di Pandora è un rinnovamento di Dio, un nuovo Dio; ma questo avviene nella sfera divina, cioè nell'inconscio. I presentimenti dell'evento, che affluiscono alla coscienza dell'elemento epimeteico, che governa il rapporto col mondo, non vengono colti. Questo è ampiamente rappresentato da Spitteler nei capitoli successivi, dove vediamo come il mondo, cioè la coscienza con la sua razionalità orientata verso l'oggetto esterno, sia incapace di apprezzare il valore e il significato del gioiello. Di conseguenza il gioiello va irrimediabilmente perduto. Il Dio rinnovato corrisponde a un nuovo atteggiamento, cioè alla rinnovata possibilità di una vita intensa, alla riconquista della vita, perché sul piano psicologico Dio sta sempre a significare il valore massimo. Cioè la massima libido, la massima intensità di vita, l'optimum di attività psicologica. Quindi in Spitteler l'atteggiamento prometeico risulta insufficiente quanto quello epimeteico. Le due tendenze si dissociano, l'atteggiamento epimeteico armonizza con lo stato reale del mondo, quello prometeico no, per cui Prometeo deve faticare per rinnovare la propria vita. [da C.G.Jung - tipi psicologici]

[parla Epimeteo:] Dato che la mia riflessione vuol'essere sincera, la incomincio ammettendo i miei peccati: partecipando al concorso "ManinFesto"[1] mi sono macchiato di opportunismo, meritatamente punito dall'esito dello stesso. Tentiamo, senza farne un romanzo, un'oggettivazione: la mia arte è, filogeneticamente, rivolta a me stesso, un complicato tentativo (spesso riuscito) di autoaffabulazione, orgogliosamente indipendente dalle "mode" culturali o dalle strategie commerciali.[2] Quando, in altra veste, ho puntato il mio sguardo sul cosiddetto "mondo dell'arte" (vicino o lontano) non ho avvertito alcun conflitto di interessi, ed ho potuto così permettermi la "spietatezza" di analisi di colui che "non ha nulla da spartire".
In altre parole, guadagnandomi il pane in altro settore, ho potuto riservare alla mia attività artistica quella "distanza dal bisogno" che certi artisti possono permettersi soltanto a carriera totalmente consolidata, e spesso soltanto nelle "confessioni" dell'estrema vecchiaia. Un lusso ed una posa probabilmente esagerati, nel momento in cui dall' "apertura al mondo", che Internet mi ha reso possibile, hanno cominciato a filtrare anche certe lusinghe (che costituiscono probabilmente un propellente ineludibile).
Il rapporto fra la sfera intima e quella pubblica, a perenne rischio di "prostituzione", è un problema abissale perché è lì che inizia ogni vera "rappresentazione". Ed è proprio la "distanza dal bisogno" (non solo in termini economici ma anche simbolici) che può rendere possibili quella "lucidità eroica" e "generosità di decisione necessarie per affrontare nella sua verità l'enigma della finzione e del feticismo", come dice Bourdieu. Dunque il lusso di fare arte mettendo al contempo le proprie maldestre mani dentro i delicati meccanismi del "sistema dell'arte".
Vi era quindi qualcosa di molto ingeneroso nel mio compatire e deridere il cumulo di testi promozionali ai quali sono costretti i critici "professionisti" (o critici d'accatto): testi così a-critici, così guerci, da far sospettare quasi una minorazione mentale, che è invece soltanto l'effetto dell'accettazione di un limite. Comunicatori, curatori, galleristi, artisti di professione costituiscono un mondo strutturato per confrontarsi direttamente con il "bisogno": alla fine bisogna ASSOLUTAMENTE che ceti danarosi (o i rappresentanti di pubbliche istituzioni) vengano, in misura sufficiente, indotti alla percezione di un bisogno - mimeticamente indotto - da colmare attraverso l'acquisto di opere che solo in piccola parte potranno compensarsi con l'aumento di quotazioni (abilmente "pilotato") delle opere stesse. Una volta ottenuto, e stabilizzato, questo funzionamento, poi di tutto si potrà discutere, persino della feticizzazione stessa, ma sempre e soltanto sotto l'aura neutralizzante di un'ironia al cubo, dell'evocazione taumaturgica di Ubu Re e delle sue utili nebbie.
L'opportunismo è semplicemente un'intelligenza di forme applicata ad un certo insieme di "regole del gioco", e può venire stigmatizzato soltanto quando vada a violare qualche "patto" di livello superiore. Ma nel nostro contesto la regola del gioco fondamentale sembra proprio quella di non esplicitare mai le regole (a differenza, p.es. del contesto scientifico). Se dovessi fornire un alibi al mio opportunismo, potrei dire che ciò che avevo sempre contestato all'establishment di Villa Manin era il non esplicitare un'interfaccia, una modalità di interazione che potesse consentirti di mantenere la schiena diritta, senza costringerti a quelle patetiche commedie ben descritte dall'artista Mark Konstabi, che consistono nell'ammirazione simulata ("let them shine first!") seguita (al momento opportuno, quello cioè che consente di camuffarne la natura) da un sommesso tiramento di giacchetta ("eh, si, anch'io sono un artista ..."). Il bando di ManinFesto, con tutte le sue meticolose esclusioni di artisti già "beneficiati" o legati in qualche modo alla commissione o al centro stesso, sembrava definire una simile interfaccia, perciò mi è sembrato coerente parteciparvi.
Eppure l'accusa di opportunismo (che formulo da me) non decade perché sapevo benissimo che il "sistema" non avrebbe con questo "cambiato natura", e però avrei potuto comunque servirmene con qualche sorta di autoinganno.
Nel corso di una bella discussione su Nazione Indiana (bella perché, dati i temi che affrontava, è un miracolo che non sia - quasi mai - degenerata) Gian Ruggero Manzoni ha fatto cenno alla carenza di "progettualità" delle esperienze su Internet, che troppo raramente si risolvono in atti socialmente rilevanti. La discussione stessa conteneva forse una risposta a questo problema: essa ha potuto svolgersi così pacatamente perché è rimasto sempre ben evidente che non vi era nessuno che vendeva né nessuno che comprava. Un consesso, profondamente paritario, di "spiriti" disincarnati e, almeno su quegli "invendibili" temi, disinteressati, che contemplano l'Universo e si scambiano delle impressioni al proposito. Ma non appena si dovesse confezionare un "pacchetto" da mandare verso l'esterno, a conquistarsi spazio, attenzione e ritorni, la situazione sarebbe cambiata completamente in quanto lo spazio e l'attenzione si guadagnano comunque a scapito di altri e questa è una situazione che richiederebbe accordi che nessuno ha mai siglato, e che genera lo stato di guerra endemica che è ben visibile nella blogosfera tutta. [da completare]

 

Note

[1] Indetto dal Centro di Arte Contemporanea di Villa Manin - un centro totalmente finanziato dalla Regione Friuli-Venezia-Giulia, il cui operare è quindi di pubblico interesse.

[2] Per cui posso contemplare benissimo - senza sentirmi ontologicamente "degradato" - che i miei lavori possano risultare al di fuori dello "zeitgeist", o comunque caratterizzati da parametri incompatibili con un certo tipo di successo. Ma anche in tal caso, l'esplicitazione di tali parametri costituirà un'indagine doppiamente interessante.


"Figliolo" disse posando una mano sulla mia e accarezzandola amichevolmente "come vi è mai venuta l'idea di occuparvi di questa faccenda? Ne parlai con mia moglie non appena ne ebbi la prima notizia". E scostatosi dalla tavola, allargò le braccia e fissò il pavimento, come se laggiù fosse apparsa piccola piccola sua moglie ed egli parlasse con lei. "Per tanti anni, le dissi, combattiamo da soli, adesso invece sembra che in città un alto protettore prenda le nostre parti, un commerciante di nome Tal dei Tali. Adesso dovremmo essere molto contenti, no? Un commerciante di città non è mica poco; se uno straccione di contadino ci crede e lo dice, non ce ne può venire alcun vantaggio, perché qualunque cosa faccia un contadino è sempre contro la decenza; sia che dica: il vecchio maestro ha ragione, o sputi indecentemente l'effetto è sempre lo stesso. E se invece di uno i contadini sono diecimila, l'effetto è semmai ancora peggiore. Un commerciante di città invece è un'altra cosa, è un uomo che ha relazioni, persino ciò che dice di straforo è ripetuto in circoli più alti, nuovi protettori si occupano della cosa, uno dice, per esempio: anche da un maestro rurale si può imparare, e il giorno seguente già lo ripete un mucchio di gente dalla quale, a giudicare dall'aspetto esteriore, non lo si sarebbe mai aspettato. Allora si trovano i mezzi finanziari, uno fa la colletta, gli altri gli mettono in mano il denaro, si pensa che è necessario andare a prendere il maestro nel villaggio, vengono, non badano al suo aspetto, gli si fanno intorno e, siccome la moglie e i figli gli si attaccano addosso, prendono anche loro. Hai mai osservato la gente di città? Non fanno che cinguettare senza posa. Quando stanno insieme in fila, il cinguettio passa da destra a sinistra e viceversa e va su e giù. Così cinguettando ci mettono in carrozza, non rimane neanche il tempo di salutare tutti con un cenno. Quello che sta a cassetta si assesta gli occhiali, agita la frusta e si parte. Tutti salutano il villaggio, come se fossimo ancora là e non invece in mezzo a loro. Dalla città ci vengono incontro alcune carrozze con le persone più impazienti e come ci avviciniamo, queste si alzano dai sedili e si sporgono per vederci. Quello che ha raccolto il denaro mantiene l'ordine e invita alla calma. Quando entriamo in città la fila delle carrozze è già lunga. Credevamo che i saluti fossero finiti, ora invece cominciano davvero davanti alla locanda. In città infatti basta un appello perché subito si raccolga una gran folla. Ciò che importa a uno importa subito anche all'altro. Prendono le opinioni l'uno dalle labbra dell'altro e se le appropriano. Non tutti costoro possono viaggiare in carrozza, aspettano davanti alla locanda, altri invece potrebbero viaggiare, ma non lo fanno per orgoglio. Anche questi aspettano. Non si riesce a capire come faccia quello che ha raccolto il denaro a sorvegliare ogni cosa. [Da F.Kafka - il maestro del villaggio]

  


variation 3 (digital)

Vain, vain, vain
All our life we spend in vain.

Vain is the will of our intent;
Vain is the will that we have meant;
Our time in vain now have we spent;
From vain to gain we must relent,
Yet painful pain we must frequent.
Such is the cost of all our pain:
But labour lost and spent in vain.

Vain are the dreams that man is sent;
Vain fancies still he doth invent.
All things are vain to fancy bent;
All worldly gain doth soon relent.
Thus men are vain when all is spent.
The stuff of life we do attain,
Soon won, soon lost, thus all is vain.

Vain are the hours of man's delight;
Their course doth run both day and night.
The clock do pass his hour full right;
The running glass do run out quite.
When summer was green, things had their might,
But winter's snow doth see them slain;
So man's life runs, and all is vain.

[ John Sheppard. 1515-1560 ] 


Beta reality (digital)

The anal universe of the crowd is also a universe of beta elements, as Bion calls them. It is a boundless -uncontainable - cosmos of raw sensations and primitive emotions. It is a somatized world in which there are no clear boundaries, little thinking, and gross materialism. In the crowd, one regresses from alpha becoming to beta being, as it were. Just as crowd is a social space where people do not seriously relate or even try to relate, but rather are indifferently thrown together, so one loses one's mind - one's capacity to find and establish relationships between different idea-thoughts - in the crowd. Thre crowd and the individuals mind symmetricize, each becoming an incoherent "agglomeration of beta elements, more like an agglutination than integration". [D.Kuspit - Psycho-strategies of Avant Garde Art] 

Postato da: elio_c a 09:26 | link | commenti (19)


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