le parole che seguono forse non sono del tutto sincere, ma se ne può facilmente ricavare la parte sincera
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Più che come momento progettante, questo blog va inteso come una esperienza intransitiva che consente la messa a punto di un'autoverifica. La pratica del pensiero radicale non implica necessariamente una rinuncia totale alla transitività, la totale occlusione dei varchi che dal momento germinale dell'idea, della poiesis, conducono all'oggettività del discorso compiutamente realizzato; ma comporta - questo sì - una sorta di sospensione del momento funzionale, così come il gesto duchampiano, che prelevava l'oggetto bello e fatto e lo spostava dal suo contesto abituale, ne sospendeva la funzionalità pratica e gli assegnava l'ufficio di traccia dei procedimenti mentali che presiedono al costituirsi dell'arte. In questo blog si pratica l'intransitività del segno e del concetto situando il completamento del discorso nel dominio della ucronia e della utopia, concentrando la propria attenzione, con apparente paradosso, non sui significati o sulle strutture linguistiche, e neppure sulle motivazioni del soggetto, ma proprio sull'oggetto cognitivo, di cui si intende denunciare l'impraticabilità reale (nella situazione qui-ora) ponendolo allo specchio di una cognizione totalmente altra, di una cognizione impossibile. In questa pratica, acquistano valore le tecniche del détournement che spiazzano la presunta serietà del lavoro e della funzione mediante un uso, talvolta sotterraneo e ai più indiscernibile, del gioco, del non-sense, della stessa follia raziocinante intesa come sregolamento ragionato dei sensi. Lo spostamento corre su due binari: da un lato, investe il discorso contingente spiazzandolo dal suo contesto abituale contrassegnato dalla funzione; dall'altro, coinvolge un movimento della mente, deviando quasi occultamente il corso dei pensieri dalle connessioni codificate. Le proposte radicali possono essere lette, da questo punto di vista, come una sorta di motto di spirito, nel senso indicato da Freud, e, in quanto tali, in grado di aggredire gli ostacoli che l'usura e l'impraticabilità della cognizione frappongono ad una nuova, nuovamente piena, affermazione del soggetto. Questi, in definitiva, non riesce più ad affermare il proprio statuto (lo statuto del piacere) mediante una operazione che sente ormai screditata, ma non si arrende: al contrario riafferma le proprie ragioni scatenando contro l'ostacolo i meccanismi aggressivi e autogratificanti della propria energia libidica. Il pensiero radicale si dà allora come crono- e toponiria, un sognare ad occhi aperti un tempo e un luogo totalmente altri, una sorta di paradiso ironico e perturbante come il giardino delle delizie o il regno millenario di Bosch. L'artista-pensatore rivela, in definitiva, una sorta di atteggiamento cleptomane che si traduce in una prensilità diffusa, disseminata in contesti diversi, compresi tra i dati della più banale e corrente quotidianità ("virtuale", si badi bene) e la tradizione "alta" della storia dell'arte e del pensiero.

 


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mercoledì, 22 giugno 2005

Se prima - qualora gli uomini me l'avessero consentito - sarei potuto liberamente ripassare per la grande porta che il cielo disegna sopra la terra, man mano che il mio sviluppo procedeva a suon di frusta, quella porta si abbassava e si restringeva sempre più; mi sentivo più a mio agio, più inserito nel mondo degli uomini; l'uragano che dal passato muggiva alle mie spalle, si andava calmando: oggi non è più che un venticello che mi pizzica i garretti, e il baratro lontano da cui proviene (e da cui io stesso provenni) è diventato un buco talmente piccolo che, ammesso pure di aver forza e voglia di arrivare fin là, mi scorticherei tutto se lo volessi attraversare. Detto a chiare note - sebbene, per certi argomenti, io preferisca avvalermi d'immagini - detto a chiare note, signori, il vostro stadio scimmiesco, postoché nel vostro passato ci sia qualcosa di simile, non può esservi più remoto di quanto sia a me il mio. Ma il pizzicorino sui garretti lo sente chiunque proceda sulla terra: il piccolo scimpanzè non meno del grande Achille.

[da Relazione per un'accademia - F.Kafka]

... questa è ora divenuta una via proibita, poiché alla sua porta c'è la scimmia, accanto ad altri orribili animali, e digrigna intelligentissima i denti come per dire: non oltre in questa direzione ...

[Nietzsche - rinvenuto in D.Dennett - L'idea pericolosa di Darwin]

Immaginavi tu forse che il mondo fosse fatto per causa vostra? Ora sappi che nelle fatture, negli ordini e nelle operazioni mie, trattone pochissime, sempre ebbi ed ho l'intenzione a tutt'altro che alla felicità degli uomini o all'infelicità. Quando io vi offendo in qualunque modo e con qualsiasi mezzo, io non me n'avveggo, se non rarissime volte: come, ordinariamente, se io vi diletto o vi benefico, io non lo so; e non ho fatto, come credete voi, quelle tali cose, o non fo quelle tali azioni, per dilettarvi o giovarvi. E finalmente, se anche mi avvenisse di estinguere tutta la vostra specie, io non me ne avvedrei.

[Leopardi - dialogo della natura e di un islandese ]

 


Nota qui
: << Lo snobismo è definito come “l’insieme dei mezzi impiegati da un essere per opporsi all’apparizione, nel campo della conoscenza, del suo vero essere, per farvi incessantemente figurare un personaggio più bello nel quale riconoscersi”. >>


Forse il mio impegno "teorico", per quanto riguarda l'arte, è davvero in via di esaurimento. Ormai, preso atto di (pressoché) tutte le principali chiavi esplicative fornite dalla nostra cultura, non sembrano rimanere più davanti a me degli autentici "misteri". Tutto sembra trovare una spiegazione abbastanza accurata, anche se si tratta perlopiù di una spiegazione non funzionale alla partecipazione ai giochi.

L'esaurimento del "mistero" legato all'arte, attualmente stretto in una formidabile tenaglia sociologico (
Bourdieu) - mimetica (Girard), comporta forse un'inevitabile bonaccia. La debole magia delle opere artistiche veramente oneste, ragionevolmente riuscite, non sembra richiedere molto più che un'equilibrata considerazione della ricchezza e complessità che normalmente ci costituisce - e d'altra parte io questa debole magia sono anche in grado di ricrearmela, con sufficiente efficacia, da me e per me.

In questo "semplice", ed ancora universale, "mestiere delle immagini", posso tranquillamente riconoscere la bravura, l'originalità, la fecondità e la "fortuna" (non nel senso di "successo") altrui, che possono certo sopravanzare le mie, ma non di così tanto quanto vorrebbe dettare tanta idiota mitologia - almeno nel caso dei moderni, che il più delle volte si avvalgono di un patrimonio di "coordinazioni sedimentate" esiguo quanto il mio (ma la ricetta comprende ovviamente svariati ingredienti e diversissime manovre).

Tutto ciò che sta al di fuori di questo: la "bolsa retorica" dell'arte, sia essa di matrice romantica, pseudo-scientifica oppure interessatamente caritatevole, le enfatiche falsità della socievolezza, tutto questo ormai mi fornisce soltanto una sorta di noia, condita talvolta da una nausea leggera - ma non più le arrabbiature di una volta. Sono dunque a buon punto nel percorso di adattamento all'esistente. Una volta preso atto che le mie critiche più radicali sono comunque già state dette - inutilmente - da personalità infinitamente più legittimate a farle valere, ci si può davvero chiedere che cosa fare, adesso.

Dovrei davvero impegnarmi ad esplicitare la mia personale interpolazione fra tutte le chiavi più valide che ho via via selezionato, per costruirci sopra la mia irrilevante pet-theory? Ma forse, prima ancora, non dovrei dimostrare di avere "studiato bene", di non aver frainteso troppo, o in definitiva di essere stato supportato fin dall'inizio dai necessari presupposti culturali?

Il fatto è che una volta dissoltasi l'ingenua fede nell'universalità dell'arte, il problema dell'interlocutore, del proprio "target", diventa esplosivo, catastrofico. Le "masse" non possono capirti (e tendi a dare loro ragione dato che neppure tu ti capisci appieno), le astute "élite" ti fanno semplicemente ribrezzo. L'orizzonte si chiude. L'unica cosa che direi a me stesso è dunque "fa ciò che vuoi". Io non avverto gradienti verso i quali orientarmi. Magari ci sono, però io non li avverto.

Postato da: elio_c alle 22:02 | link | commenti


Commenti
 

NB: laddove l'origine non sia diversamente esplicitata, o auto-evidente, le immagini sono da intendersi come elaborazione "artistica" dell'autore di questo blog.


Elio, I think you're trying too hard [etc] But I still think you're barrelling at top speed down a dead end. [J.Haber - art critic in New York]


Ho iniziato a leggere i tuoi ultimi scritti, pubblicati sul web, ma mi risultano spesso incomprensibili. Cosa mai vorrà dire "[..]"? Questo modo di scrivere mi risulta molto difficile da capire, e ti dirò che lo detesto particolarmente in quanto mi ricorda quello di certi politicanti dei primi anni '70 - stile "Tribuna Politica" [..] spero tu non voglia passare per il Giulio Andreotti dell'arte. [F.Rinoldi - pittore in Tolmezzo]


You complicate things too much here - as is reflected in your text (which was very difficult to take in). [Alison A. Raimes - artist and theorist in London]


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