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continuazione 20:20, May 11, 2004 | |
Ci sono vari elementi che rendono quell'annuncio, ai miei occhi, interessante. "Art is dead, long live to esthetic management" è il titolo di un saggio di un critico (americano) con il quale mi trovo molto spesso in sintonia. In tale saggio si spiega come l' "esthetic management" - divenuto dominante appunto con la Pop Art americana - (ma non come inesistente "stile" o fumosa ideologia di trovate, bensì come apparato di potere: gente concreta, in carne ed ossa - nomi, eventi, quotazioni, rapporti) sia "here to stay".Un libro da trovare: Schmitt, B. and A. Simonson, (1997). Marketing Aesthetics, The Free Press, N.Y.Ritornando all'annuncio, esso mostra come da noi la "Pop Art" non abbia conquistato soltanto tutti questi nuovi musei d'arte moderna, le accademie e le maggiori manifestazioni artistiche, ma anche posto delle solide "teste di ponte" in aree culturali decisamente attigue alla comunità scientifica. E' vero che il campo delle "social sciences" (caratterizzato da decostruzioni post-strutturaliste di carattere più letterario che scientifico - non ha caso è stata una facoltà di sociologia a regalare una laurea a Cattelan) è precisamente quello che nelle "science wars" si è trovavo in un conflitto piuttosto feroce con le "teste quadre" delle hard-sciences (cfr.Richard_Dawkins) tuttavia la situazione sembra farsi sempre più confusa.Devo confessare che avendo io sfiorato, nel corso della mia formazione, il campo scientifico, è probabile che, nonostante le numerose letture "bilancianti" effettuate in seguito, io rimanga ancora vittima di una qualche residua e tenace forma del "mito scientista". In altre parole, ho l'impressione che, nonostante sia evidente come anche l'impresa scientifica sia condizionata, come tutto quanto, dal cozzo degli interessi e dai conseguenti giochi di potere, in essa operino comunque delle regole sufficientemente condivise e rispettate da rendere possibile un gioco "abbastanza" equo. Insomma ho l'impressione che se io avessi avuto abbastanza talento specifico, avessi voluto "darci dentro" abbastanza, e avessi avuto la fortuna di imbattermi in qualche zona feconda dell' "albero di ricerca", non vi sarebbero stati degli ostacoli insormontabili ad un ragionevole riconoscimento sociale di quanto eventualmente raggiunto.Nel mondo dell'arte, che socialmente esploro (ovviamente soltanto lungo le dimensioni che mi risultano "aperte") da quasi una decina di anni, le impressioni sono state fondamentalmente opposte. La complessità di tale mondo, e le altissime probabilità di fraintendimento che si spalancano non appena si adoperi la parola "arte", è quasi annichilente. In compenso è un mondo che sembra lasciare a ciascuno il diritto di sparare le sue (innocue) cazzate, per cui sarà bene approfittarne, almeno finché l'impresa - o il gioco - sembra dischiudere sempre nuove ed eccitanti esplorazioni piuttosto che amare disillusioni (beh, in fondo basta evitare di illudersi in partenza).Ma basta con i preamboli e riprendiamo le impressioni (del tutto discutibili, of course) derivanti da quell'annuncio.Una parola-chiave che manca (come anche dubbio, critica, problematicità ... ) è evidentemente "artista".Forse è un residuo di pudore. Forse si tratta d'altro. Di fatto quella pubblicizzata non è un'accademia ma una struttura universitaria destinata a "formare" figure complementari, quelle cioè che poi si dedicheranno a "valorizzare" – per il bene di tutti - i prodotti dell'artista.La divisione dei compiti appare ancora una volta assai opportuna. L'impresa artistica (lo dico soprattutto su base introspettiva) ha tempi e ritmi propri, chiaramente incompatibili con quelli del business. E per propria natura è esposta ai più radicali "fallimenti".Con il passaggio all'esthetic-management, l'esplorazione artistica (ovvero l'opera che rimane) dell'autore sembra venire a contare ben poco. Probabilmente non ci si crede neppure (vedi, ancora, l'interessante polarità [url_http://www.artnet.com/magazine/features/kuspit/kuspit4-20-01.asp]superficie/profondità[/url] delineata da Kuspit). Come mi suggerì un gallerista ironizzando sulle assicurazioni che gli artisti-a-spese-proprie si pagano per il trasporto delle loro opere ("neanche fosse un Guercino!") gli operatori sembrano "conoscere i loro polli" con abbondante disincanto, e nemmeno contemplare più la possibilità di poter compiere un giorno qualche autentica "scoperta" artistica. Tutt'al più sembrano interessati a subodorare delle "personalità" adatte alle loro operazioni (ma su queste cose la mia esperienza è alquanto limitata.)Ma nell'esthetic management sono evidentemente essi - come chiaramente declama l'annuncio - i nuovi "protagonisti". Questo mi sembra indubbio. Sono loro che alla fine creano "i nomi" (i marchi) e le quotazioni. Che fanno (forse "disfare" dopo è un po' più difficile) l'artista. Ma diciamolo chiaramente, senza quel loro mondo - assolutamente "artificiale" - cadrebbe la lusinga principale che sembra spingere intere masse di giovani alla pratica artistica (apparentemente, a voler credere allo spettacolo proposto, ti pagano e ti lusingano soltanto per "essere te stesso" - fantastico: express yourself, it's later than you think! - rubo a Brad Holland: Self-Expression - The crowbar used by artists to pry open the Pandora's Box of self-indulgence for everybody else in society. Fifty years ago, it was the dream of every bohemian artist to be seen getting out of a limousine wearing blue jeans and sneakers. Today, it's the dream of probably half the people in the country. Molta "gente" sembra aver reagito male ai bambini appesi di Cattelan? Qualcuno è arrivato addirittura ad atterrarli? Beh, questo non sembra essere è un problema, anzi. Ma alcune voci abbastanza influenti hanno anche criticato l'operazione. Ecco allora che scende in campo Harald Szemann che reclama quei pupazzi per la sua Biennale di Siviglia. Che smacco per i quei rozzi provinciali! Una mossa formidabile. Immagino che a molti "operatori" il segnale sia arrivato chiaro e forte, ed che essi sentiranno ancora maggiore l'interesse a "coprirsi ed allinearsi", per non rischiare di rimanere tagliati fuori dai giochi più belli e redditizi.Traduco, senza troppa cura, da un vecchio articolo pescato su Internet: [b]Il postmodernismo dà proseguimento alla maggior parte delle idee moderniste, annullando i confini tra forme "alte" e "basse" di espressione artistica, rifiutando le rigide distinzioni di genere, esaltando la pastiche, la parodia, il bricolage, l'ironia e la giocosità. L'arte e il pensiero postmoderni favoriscono riflessività ed autocoscienza, frammentazione e discontinuità (specialmente delle strutture narrative) ambiguità, simultaneità, con un'enfasi sul soggetto de-strutturato, de-centrato, disumanizzato. Ma se per questi versi il postmodernismo assomiglia molto al modernismo, ne differisce per l'attitudine che dimostra verso molte di queste tendenze. Il modernismo, per esempio, tende a presentare un visione frammentata della soggettività e della storia umana ma presenta questa frammentazione come qualcosa di tragico, come una perdita di cui lamentarsi. Molte opere moderniste tentano proprio di scalzare l'idea che l'opera d'arte possa restituire quell'unità, coerenza e significato che sono stati perduti nella vita moderna, ovvero che l'arte possa riuscire laddove altre istituzioni umane hanno miseramente fallito. Il postmodernismo al contrario non si lamenta della frammentazione, della provvisorietà o dell'incoerenza, ma piuttosto le celebra. Il mondo è privo di significato? Non pretendiamo che sia l'arte a fornirlo, giochiamo invece con il nonsenso [..] Una delle idee che stanno alla base dell'Illuminismo è quella della trasparenza del linguaggio, cioè che le parole servano solo come rappresentazioni di pensieri o cose, e non abbiano altra funzione. Le società moderne dipendono dall'idea che i significanti puntino sempre a dei significati, e che la realtà risieda nei significati. Nel postmodernismo invece ci sono solo significanti. L'idea di una realtà stabile e permanente scompare, e con essa l'idea di significati a cui i significanti puntino. Per le società postmoderne, ci sono solo superfici, senza profondità, solo significanti senza significati. [b]to be continued... | ||
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Reply: 23:00, May 11, 2004 | |
Significato, allineamento e redditizio ,queste sono le parole chiave che io traggo dal tuo scritto .Bisogna dare un significato a quello che si vuole non abbia significato , bisogna che sia redditizio e quindi bisogna allinearsi a tale scopo. | ||
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Reply: 07:06, May 12, 2004 | |
Ciao Emilio, beh non saprei ... per me su questo argomento è ancora presto per le sintesi. Non è detto poi che la realtà si presti ad essere sintetizzata più di tanto. C'è ancora una nota che voglio tradurre e riportare, che mi riporta alla teoria delle élite di Pareto, sembra interessante ... boh, vedremo. | ||
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Reply: 08:18, May 12, 2004 | |
Il mondo- o meglio la vita- mi appaiono a volte sensati, a volte no, ma confido nel fatto che si possa trovare un significato ad entrambi, posto che ce ne sia bisogno .L' arte, l' amore, l' amicizia, la cultura, la ricerca della bellezza, il miglioramento di sè, sono motivazioni a mio avviso sufficienti per vivere. Ci sono stati dei momenti in cui la vita mi appariva sensa senso, ora no, eppoi mi "salva" o comunque mi aiuta il fatto di credere in Dio, anche se cosa sia Dio non riuscirò mai a spiegarlo. | ||
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Reply: 13:12, May 15, 2004 | |
Bene Elio. Sto ancora lavorando ai compiti a casa che mi hai dato la settimana scorsa ed ecco che mi sento di dire la mia su questa appendice del forum arte e mercato. Sono convinta se tu avessi proseguito i tuoi studi scientifici avresti sicuramente trovato un campo di ricerca adatto a te, perché hai una mente analitica e questo, prima o poi, ti avrebbe portato ad un risultato scientificamente utile per la comunità scientifica. Nelle scienze ci sono principi da dimostrare e soddisfare che tutta la comunità scientifica accetta: se vuoi dimostrare che A provoca B, come minimo devi dimostrare che tutti i B sono stati provocati da A in ogni luogo ed ogni tempo; c’è poi ci sono tutta una serie di sfumature che chiamiamo “evidenze scientifiche”, che ti aiutano per la tua tesi, che ammettono ad esempio autentici vuoti sperimentali tra A e B. Ma là devi arrivare. Se racconti balle o hai preso una cantonata, prima o poi vieni bloccato, la comunità scientifica internazionale ti blocca. Anche perché è fatta da “uomini” pronti a smontare e rimontare costruttivamente le tue tesi un po’ perché invidiosi, a volte annoiati, ma sicuramente scienziati e pertanto affamati di dialettica scientifica. Ma non è detto che, se il tuo pensiero scientifico avrebbe trovato riconoscimento nella comunità scientifica internazionale, la tua persona avrebbe trovato un analogo riconoscimento sociale scientifico nelle strutture scientifiche, perlomeno italiane. Se il tuo settore di applicazione fosse stato disgiunto dalla necessità di finanziamento pubblico e privato (ora mi viene in mente solo matematica) forse avresti associato le cose, me se tu avessi scelto un settore dove ti serve un minimo di sperimentazione che richieda di strumenti e personale, saresti per forza dovuto entrare nel circuito delle “comunità scientifica … come la chiamiamo? Istituzionale?”, (come direbbe Renato Calligaro). Nella CSI quanto sopra non è sempre garantito e pre-requisito, e forse non ce l’avresti fatta. Ma tu sicuramente saresti stato “un cervello in fuga” e saresti arrivato negli USA, dove, se il tuo campo di applicazione ed i tuoi argomenti si fossero trovati in un settore trainante in quel momento (=money and politically correct) avresti avuto la strada spianata. Ti faccio un esempio: se tu fossi un medico ricercatore e avessi idee scientificamente OK per lavorare sull’AIDS (malattia che tocca i ricchi) negli USA avresti trovato la tua strada (almeno fino a quando produci idee); se tu lavorassi sulla Tubercolosi (malattia altrettanto devastante per l’umanità ma che interessa prevalentemente i poveri) ti avrebbero accolto dicendoti di passare all’AIDS; se tu avessi voluto rimanere in Italia (non importa se per AIDS o TBC) avresti dovuto fare i conti con i baroni, ovvero “coloro che stanno in cima”: possono essere anche persona in gamba ma non è necessario, perché se stanno in cima devono rendere conto ad una rete di interessi che esulano dalla scientificità. Dico “ancora” perché le cose cambiano, e chi è arrivato in cima non per merito ma per “altro”, prima o poi se ne va in pensione (ATTENZIONE il ricambio generazionale non è la soluzione perché gli stupidi coltivano stupidi) e perché c’è comunque molta gente OK ancora in giro. Capisci che in questa situazione non avresti avuto garanzie per la tua persona?. Ma se le tue idee scientifiche, fossero state OK, avrebbero trovato riconoscimento. Indipendentemente da come la comunità scientifica “istituzionale” condizioni il pensiero scientifico, questo va avanti e non si intasa in una “overproduction-torre di babele” come nella produzione artistica attuale. Perché? Sono d’accordo con Calligaro: manca un criterio di valutazione oggettivo al riconosciuto dell’opera d’arte. Per cui tutto è opera d’arete, nulla lo è, tutti sono artisti, e se tutti lo sono, allora nessuno lo è, e così via …. è evidente che alla fine si dimentichi l’artista. Quanti approcci all’essere artista ci sono? secondo me 3:1)L’artista istituzionalmente riconosciuto, 2)L’artista che rincorre l’AI, ma questa non lo bada3) L’artista ha un talento oggettivo, ha il bisogno ancestrale di fare cose belle, ha delle cose da dire, è nato così, anche se a volte si scopre tardi. L’artista che lavora metodicamente al suo scopo, fatica, fa, disfa e rifà, impara, mostra quello che fa. Insomma l’artista che ci racconta CalligaroE evidente che questo se ne sta lontano dai circuiti dell’arte istituzionale. L’AI (arte istituzionale) ha regole di mercato molto chiare ed i galleristi/critici/direttori di musei e di biennali (che sono le stesse persone) le conoscono e rispettano: il quadro è la merce, tu sei il produttore di quadri- merce, ne devi produrre una quantità predeterminata/mese (sicuramente un numero incompatibile con qualsiasi riuscita artistica) ed un prezzo tot (una miseria all’inizio, per vedere se rispetti le regole del gioco: il capo sono io, sono io che ti creo), devi produrli sempre che vadano bene con il trend di vendita (incompatibile con la naturale ricerca, sperimentazione, maturazione di un artista), inoltre devi essere “presentabile” per le feste e festicciole dell’AI (devi avere un aspetto d’artista e devi parlare come un artista, cosa difficile da conciliare l’aspetto domestico di ogni persona che cresce, si accasa, fa figli, ha un mestiere per campare e non per questo smette di essere un artista). Tutti questi artisti producono lavori e li propongono: Gli artisti 1 e 2 , sanno da chi andare. ed alimentano il mercato dell’AI. Gli altri devono trovare altri modi per mettersi insieme, internet è uno strumento, ma è solo uno strumento. l’AI lo conosce e fioriscono i siti ben organizzati dell’AI. Gli artisti al punto 3 inizialmente trovano spazio in siti “magazzino” dove l’AI va a sgarfare (termine carnico di cui non esiste corrispondente in italiano); si tratta di contenitori amorfi che stanno lì e non cambiano nulla, vedi solo aumentare il numero degli artisti, hanno dei forum degenerati nella banalità. E poi c’è il sito Arte Adesso….intellettualmente molto stimolante…anche per una casalinga come me. | ||
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Reply: 19:08, May 16, 2004 | |
Bell'intervento, Elena. Mi trovo grossomodo in sintonia con quanto affermi, vorrei magari approfondire meglio qualche aspetto ma in questo momento mi trovo un po' impelagato da troppi impegni e quindi devo dare un po' di ritardo agli stessi sviluppi che avevo annunciato su questo argomento. Poco male, così anche tu hai modo di completare i compiti Poi ci risentiarmo. Ciao | ||
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Reply: 05:52, May 20, 2004 | |
Questa è la nota (del saggio di D.Kuspit citato a inizio argomento) di cui parlavo. Purtroppo non ho tempo per rendere la mia traduzione abbastanza “filante”, ma, come dicevo, questa è ancora una fase di semplice “accumulo” degli argomenti. Sintesi e risistemazioni più in là (se sarà il caso.)Gli “aesthetics manager” non sono i soli ad impegnarsi nella creazione di un nuovo look superficiale di identità avanguardistica, in sostituzione di cambiamenti sociali e materiali effettivi. Tuttavia essi rimangono il modello implicito di tutti i “gestori dell'immagine”, perché la maestria estetica diventa assolutamente essenziale quando la vecchia classe dirigente avverte che la sua autorità, potere e ricchezza sono minacciate da coloro che mancano di autorità, potere e ricchezza. Una nuova identità avanguardistica aiuta la vecchia classe dirigente a mantenere il proprio monopolio sull'autorità, il potere e la ricchezza donandogli un nuovo look capace di “provare” che essa rimane fresca, vigorosa e competente anche quando non lo è più. Il nuovo look seduce i senza autorità, potere e ricchezza verso una compiacente accettazione dello status quo. Esso li eccita, estenua, distrae, narcotizza con apparenze spettacolari, lasciandoli con ben poca coscienza critica per riflettere ribelliosamente sulla propria miseria e inferiorità sociale, e tanto meno agire sulla base di tale consapevolezza. L'adombramento e reificazione avanguardistica delle fascinose apparenze di Marilyn Monroe, operato da Warhol, rafforza l'autorità, il potere e la ricchezza dell'industria dello spettacolo, e, più insidiosamente, conferma che è questo il percorso ideale verso l'autorità, il potere e la ricchezza sociali (qualunque ne sia la contropartita esistenziale ed emotiva). In generale, la nostra società è attenta alla gestione dell'immagine, e tende a differenziare tra la manipolatore d'immagine e il carattere autentico. I credo che tanto più la società si lascia trascinare dalle immagini, più si estremizzano i suoi conflitti sotterranei, cioè, il rischio di un disastro esistenziale ed emotivo. Più le immagini sono progettate accuratamente, maggiore è l'orrore esistenziale ed emotivo che esse mascherano. Perciò, lo storico presidenziale M.R.Beschloss argomenta che “il nucleo dell'autorità del presidente Clinton è fatto di gestione della politica, non del suo proprio carattere”. La gestione della politica include la creazione di un nuovo look avanguardistico, che si suppone donare ai politici come Clinton una nuova credibilità. Si potrebbe dire che il nucleo dell'autorità di Warhol è costituito dalla gestione di immagini che già sono di dominio pubblico, e - come tale - politico, ovvero di immagini che plasmano il carattere della coscienza collettiva, mentre de Kooning possiede la profondità e la forza di carattere per esplorare emozioni esistenzialmente imperative. Warhol rende immagini superficiali ed effimere esteticamente profonde e durevoli, mentre de Kooning adopera la sua profondità personale per portare emozioni profonde, ed esperienze esistenziali che formano il carattere, alla superficie della socialità, ove esse appaiono mostruose e fastidiose. Val la pena di notare come il primo ministro Tony Blair fu considerato poco più che un gestore di immagine al suo primo apparire. Egli adottò uno “stile aggressivo” per dare alla Gran Bretagna una nuova identità avanguardistica. “Era tempo di ridefinire la Gran Bretagna come uno dei pionieri del mondo piuttosto che come uno dei suoi musei”, affermò “Demos, un centro di ricerca socio-politico vicino a Blair”. Un'immagine costruita con successo, o esteticamente ridefinita aumenta il potere, l'autorità e la ricchezza anche del creatore dell'immagine, poiché esso appare come un gestore efficiente e competente della realtà, anche se non lo è. | ||
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