Ultimi Commenti

elio_c in Lo studente Doko and...
elio_c in Lo studente Doko and...
Chapucer in Lo studente Doko and...
elio_c in Lo studente Doko and...
elio_c in Lo studente Doko and...
elio_c in Lo studente Doko and...
Francoxa in Lo studente Doko and...
Francoxa in Lo studente Doko and...
elio_c in Lo studente Doko and...
Chapucer in Lo studente Doko and...

prima
precedente
... 6 7 8 9 10 11 12 13 14 ...
successiva
ultima

giovedì, 07 maggio 2009




FÊ OÊ RÊ MÊ E





OÊ RÊ MÊ E






In tutte le religioni di mistero, da quella di Dioniso a quella del Cristo, il rapporto tra il fedele e il salvatore visto come rapporto tra uno "schiavo" (DOLOS in greco, SERVUS in latino) e il suo padrone (KYRIOS in greco, DOMINUS in latino). Il termine DOLOS ricorre almeno 120 volte nel Nuovo Testamento, ed sempre stato tradotto in modo inadeguato; ma la sua risonanza nel mondo dei primi credenti doveva essere immediata e senza equivoci. Questo riavvicinamento tra lo stato dello schiavo e lo stato di salvezza costituisce un salto qualitativo nella storia delle religioni; e non ha nulla a che vedere con le numerosissime testimonianze che si riferiscono alla situazione dei servi nei vecchi culti padronali. Nella prima fase della societ divisa in classi lo schiavo era talvolta considerato "sacro", perchŽ veniva usato nei pubblici sacrifici o assegnato al servizio dei templi; in questo senso soltanto si devono interpretare, ad esempio, sia le devadsi (o "schiave di dio") dei templi indiani che i hier—douloi (o "schiavi sacri"), uomini e donne, che esercitavano la prostituzione rituale in quasi tutte le religioni orientali, in collegamento con determinati culti agrari. Alle cerimonie cui potevano partecipare i liberi, quando le religioni di mistero muovevano ancora i primi passi, lo schiavo non era ammesso senza difficolt. Ma la situazione cambia radicalmente di mano in mano che si precisa la nuova struttura della societ schiavistica. La circostanza che l'atto finale dell'emancipazione dello schiavo si svolgesse talora entro le mura del tempio, o sotto la protezione di una determinata divinit, ha certamente contribuito a rendere pi facile il passaggio al nuovo valore del termine nella storia delle religioni. Ma non stato un fattore decisivo: l'elemento nuovo che la condizione di vita nella schiavit diventata a un determinato momento motivo di glorificazione e di sublimazione religiosa. [..] Lunga dunque la strada attraverso la quale l'idea ancora confusa di uno "schiavo di Dio", quale s'incontra nel greco Euripide, certamente iniziato ai culti di mistero, si trasformata nel concetto di "schiavo di Cristo", secondo i linguaggi dei primi testi cristiani. Ma si tratta di una strada chiaramente tracciata nell'evoluzione storica dell'antichit. Lunga la strada attraverso la quale il concetto della "remissione dei debiti", il grido di rivolta e di speranza che serpeggia nella letteratura politica alcune centinaia di anni prima di Cristo, si trasforma nell'idea evangelica della "remissione dei peccati". Ma si tratta di un cammino che possibile percorrere senza soluzioni di continuit. L'identificazione del "debito" materiale con il "debito" morale costituisce uno degli aspetti pi interessanti del processo di alienazione delle esperienze umane dalla realt concreta al campo della morale e della religione. Lunga, infine, la strada attraverso la quale il concetto del "prezzo", che doveva essere pagato da uno schiavo per comprarsi la libert, passato ad indicare, nella letteratura del Nuovo Testamento, il riscatto operato con la sua morte vicaria dal "figlio di Dio", per strappare gli uomini alla servit del peccato. Ma anche qui si tratta di un cammino che lo storico in grado di ricostruire un passo dopo l'altro, sino al momento in cui, da un'accumulazione di esperienze sociali secolarmente rinnovate, si arriva ad un vero e proprio salto qualitativo: dal dato sociale e politico all'ideologia e al mito. L'idea di salvezza, come risultato di queste esperienze, ha scavato profonde radici nella coscienza degli uomini. E quando la societ si mutata in qualcosa di molto diverso, sulla base di nuovi rapporti economici e sociali, il mito del salvatore non si estinto, proprio come molti degli aspetti magici e totemistici dei culti originari persistono ancora, tanti secoli dopo la scomparsa della comunit primitiva. Naturalmente, la ragione principale di questa sopravvivenza va vista nel fatto che sia nel regime feudale che in quello capitalistico, sotto forme diverse, gli uomini hanno sempre avuto un padrone e hanno quindi sentito sempre il bisogno di un salvatore. [Ambrogio Donini - Lineamenti di storia delle religioni]



Il messaggio della croce sarebbe assolutamente monco, irreale, senza la Resurrezione. Con essa Cristo, come dice Origene, pu "ricongiungere ci che era sparpagliato, unire osso con osso, giuntura con giuntura, per edificare il Santo Corpo della Chiesa". A compimento di quanto mostrato nel Giudizio di Salomone, il corpo della vittima, di tutte le vittime, di tutti i Pentei e Licurghi fatti a pezzi nella storia del mondo, di tutti i Damiens, i Mora e i Piazza che saranno torturati e straziati, a venir ricostituito nel corpo di Ges crocifisso e risorto. Questa visione non una metafora, vera ecclesiologia in atto, il vero entrare a far parte di quel corpo mistico di cui Cristo il capo. [..] L'evento Resurrezione talmente inaudito, talmente imprevedibile per la cultura di quel tempo, e di ogni tempo, da apparire davvero come l'irruzione finale di una realt trascendente, inconcepibile all'uomo.Ê [..] Libero chi lo vuole di ritenere questa un'illusione antropomorfica, una ennesima variazione sul tema che al massimo porta a maggiore perfezione le altre. La Trinit non ha nulla da dire a chi la rifiuta, perchŽ quello che vuole unicamente il libero "s" dell'uomo. Sono i fatti a parlare per lei, fatti di resurrezione e di vita da una parte, di disperazione e di morte dall'altra; di verit chiarificata e realizzata in se stessa da un lato, di presunzione mai sazia di sofismi e chiacchiere dall'altro. A noi la scelta. Il silenzio del prodigioso Dio-Trinit davanti a chi lo nega il silenzio di Cristo davanti a Pilato, un silenzio che in Giovanni interrotto da poche solenni parole, che servono solo a sottolineare la verit. A Criso che gli dice: "Chiunque dalla verit, ascolta la mia voce" Pilato risponde:

"Che cos' la verit?" E detto questo usc di nuovo verso i Giudei e disse loro: "In non trovo in lui nessuna colpa".

[..] La colpevolezza di Pilato non inferiore, anzi ancora pi sottile e ipocrita di quella dei suoi persecutori giudaici. Qualunque illuminista antico e moderno, nella sua pretesa di definire la verit in termini puramente intellettuali e verbali, condannato ad imitare la violenza che non riconosce dentro di sŽ, condannato a diventare il commediante che recita quello che il suo pubblico vuole, ad essere quello che Ges chiama un ipocrita, "hypokritŽs", con un termine non a caso preso dal teatro greco. Veramente libero chi vuole di rinnegare, di respingere il Dio-Trinit. Non quello che quotidianamente, ipocritamente facciamo? [Giuseppe Fornari - Fra Dioniso e Cristo]


Postato da: elio_c a 19:17 | link | commenti (39)

prima
precedente
... 6 7 8 9 10 11 12 13 14 ...
successiva
ultima
ut bibere in somnis sitiens quom quaerit et umor non datur, ardorem qui membris stinguere possit, sed laticum simulacra petit frustraque laborat in medioque sitit torrenti flumine potans, sic in amore Venus simulacris ludit amantis, nec satiare queunt spectando corpora coram nec manibus quicquam teneris abradere membris possunt errantes incerti corpore toto. denique cum membris conlatis flore fruuntur aetatis, iam cum praesagit gaudia corpus atque in eost Venus ut muliebria conserat arva, adfigunt avide corpus iunguntque salivas oris et inspirant pressantes dentibus ora, ne quiquam, quoniam nihil inde abradere possunt nec penetrare et abire in corpus corpore toto